Tra le istituzioni culturali e scientifiche a livello globale che fanno parte della IIIF community, limitandoci alle sole biblioteche, troviamo: Bibliothèque nationale de France, Bayerische Staatsbibliothek (Bavarian State Library), British Library, Boston Public Library, Library of Congress, National Library of Austria, New York University Libraries, Vatican Library.
Insomma, una buona parte del ghota bibliotecario mondiale. E non è un caso. Infatti, L’IIIF, oltre ad essere uno standard de facto per il mondo dei repository di contenuti digitali, ha sempre di più un’importanza strategica per il futuro delle biblioteche digitali in quanto paradigmatico per i sistemi informativi basati sull’interoperabilità.
Se la frammentazione – causata dalla proliferazione dei progetti di digitalizzazione – ha rappresentato finora il grosso impedimento nella condivisione e fruizione dei patrimoni culturali digitalizzati, l’esempio offerto dallo standard IIIF – anche se riguarda specificatamente la gestione e distribuzione delle immagini e metadati attraverso la rete – indica qual è la strada da seguire.
L’International Image Interoperability Framework (IIIF) è basato su tre API (Shared Application Programming Interface) che consentono la descrizione delle immagini, la strutturazione dei repository digitali e le funzionalità di ricerca.
Queste applicazioni consentono funzionalità avanzate e interattive a vantaggio degli utenti finali. A cominciare dalla possibilità di combinare e utilizzare risorse basate su immagini provenienti da tutto il web, e quindi confrontare pagine con la possibilità di visualizzare o creare delle raccolte virtuali. Ci sono poi le funzionalità che operano direttamente sulle immagini e che riguardano fondamentalmente la manipolazione e le annotazioni.
Ad esempio, con IIIF diventa possibile ricomporre virtualmente le opere smembrate, cosa che spesso accade nel mondo dei manoscritti. La piattaforma “Broken Books”, utilizzando la tecnologia compatibile IIIF “Canvas”, opera la ricomposizione recuperando via web – mediante URL persistenti – le immagini delle opere richieste, che appunto possono essere manoscritti spezzettati con le “foglie” disperse tra varie collezioni.
Cosa simile è realizzata con in manoscritti conservati nei fondi della British Library e della Bibliothèque nationale de France che possono essere comparati grazie a una stessa interfaccia IIIF, cioè utilizzando uno schermo unico al posto di più visualizzatori.
Mentre, in ambito italiano, il progetto “Illuminated Dante Project”, si propone – entro il VII centenario della morte del sommo poeta (2021) – di realizzare – sempre grazie alle possibilità offerte dallo standard IIIF – un archivio on line e un database codicologico e iconografico di tutti gli antichi manoscritti provvisti di immagini– un corpus di circa 280 opere – che abbiano rapporti con il testo della Commedia.
Ultimamente, nella presentazione del progetto della Biblioteca digitale Ambrosiana “ad publicum commodum et utilitatem”, il riferimento latino “per il bene e l’utilità pubblica”, è stato appunto associato all’utilizzo – prima biblioteca in Italia – dello standard IIIF in quanto garanzia di una più ampia accessibilità ai contenuti digitali. Non solo. Anche il recente progetto Estense Digital Library ha ritenuto di sottolineare che il proprio patrimonio digitalizzato sarà consultabile con un visualizzatore IIIF di modo che le immagini ad alta definizione diverranno portabili, ossia comparabili con altre, editabili con strumenti di photoediting e annotabili liberamente.
Infine, è indicativo che l’ICCD (Istituto Centrale per i Catalogo e Documentazione del Ministero Beni Culturali) che in seguito a decreto ministeriale ha assunto il compito di implementare il nuovo servizio per la digitalizzazione del patrimonio culturale italiano (Digital Library) attraverso il coordinamento dei tanti programmi di digitalizzazione in atto, abbia ultimamente organizzato – in partnership con la Stanford University e la Biblioteca Vaticana- un workshop dedicato a “Standard per la digitalizzazione del patrimonio culturale, interoperabilità e IIIF”.