Dall’ultimo rapporto ISTAT sulla lettura sappiamo che in Italia i lettori di libri sono soltanto il 40% della popolazione dai 6 anni in su, e le prospettive appaiono tutt’altro che rosee. Infatti, la curva percentuale dei lettori – nell’arco degli ultimi vent’anni – presenta un tale andamento da essere definita dallo stesso ISTAT : desolante. Nel 2000 i lettori non superavano uno sconfortante 38%, poi la curva è faticosamente risalita nei dieci anni successivi fino al 46,8% del 2010, ma poi è ridiscesa di nuovo nel corso dell’ultima decade per fermarsi intorno al 40%.
Che cosa fare rispetto a questa persistente avversione degli italiani verso la lettura? Avversione che, tra l’altro, è una delle principali cause di quel fenomeno che ormai riguarda più del 46% dei cittadini tra i 16 e i 65 anni che risponde al nome di “analfabetismo funzionale”. Insomma, che fare oltre alle tradizionali linee di intervento, finora non molto efficaci, riguardanti soprattutto strategie di promozione della lettura in ambito scolastico? Una novità potrebbe esserci ed è portata avanti da chi pensa che per ri-incentivare e rivitalizzare la lettura si debba agire in altro modo, ad esempio sfruttando la seduzione tecnologica.
Il Politecnico di Torino insieme al Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino e alle Biblioteche Civiche Torinesi e grazie ai finanziamenti della Fondazione TIM, si apprestano a lanciare “Reading(&)Machine”. Un progetto che mira a “rinnovare” il rapporto tra lettori e libri intervenendo proprio nei luoghi più tradizionali dove questo rapporto, da sempre, si esplica: biblioteche e librerie. E “intervento” vuole dire due cose: potenziare suggestivamente e significativamente gli ambienti dedicati arricchendo, nello stesso tempo, l’esperienza della lettura mediante l’utilizzo delle tecnologie dell’intelligenza artificiale, della realtà aumentata e virtuale.
Da un punto di vista più tecnico, “Reading(&)Machine” lavorerà allo sviluppo di algoritmi di “raccomandazione” per la promozione della lettura. L’utilizzo, invece, di sistemi di machine learning permetterà l’esplorazione delle collezioni, ma anche l’estrazione, elaborazione e comunicazione di contenuti testuali nell’ambito delle biblioteche con patrimoni storici più rilevanti. E poi dati: benzina indispensabile per un progetto che si candita a essere una sorta di nuova “macchina high tech per leggere”. Dati che saranno di provenienza eterogenea e che affluiranno non solo dalle collezioni delle biblioteche, ma anche da piattaforme di social reading (come Anobii), acquisizioni attraverso dataset open e scaturiranno anche da profilazioni degli utenti.
Il progetto ha anche l’ambizioso obiettivo di far crescere una nuova “identità digitale” negli spazi fisici all’interno delle biblioteche. Questo grazie all’implementazione nelle sale di lettura di interfacce basate su tecnologie di realtà aumentata e virtuale accessibili agli utenti mediante app per smartphone e tablet. Insomma, “Reading(&)Machine” si propone l’intento onorevole di contrastare “la fuga dalla lettura” segnalata dall’ISTAT con una serie di interventi che prevedono sia la “stimolazione” della lettura che un nuovo appeal per richiamare più utenti nelle biblioteche. Si tratta di un tipo di offerta, comunque, tecnologicamente orientata a rendere nuove e seducenti le modalità di esplorare e vivere il libro e i luoghi nei quali esso è custodito.
Una strategia tecno-centrica – una sorta di make-up d’ipermodernità – che sicuramente può avere un impatto, ma che non può non suscitare dubbi sulla sua efficacia reale a risolvere problemi annosi. Nel senso che forse tutte le difficoltà degli italiani rispetto alla lettura hanno radici un po’ più profonde e che rimandano non semplicemente alla carenza di dotazioni tecnologiche nelle biblioteche che pure servono, ma soprattutto alla mancanza, nel corso degli ultimi decenni, di scelte politiche e risorse adeguate per la cultura.
Inoltre, ritornando infine al contingente, un progetto come “Reading(&)Machine” deve anche tener conto di alcune criticità che la sua attuazione potrebbe generare. Come ha più volte spiegato l’IFLA (International Federation of Library Associations), l’adozione di sistemi di intelligenza artificiale, di machine learnig e altro da parte delle biblioteche, solleva questioni cruciali non ancora di fatto chiaramente risolte sulla libertà intellettuale e sulla privacy e inoltre comporta – urgentemente – una ridefinizione e formazione delle professionalità bibliotecarie nell’ambito di una nuova alfabetizzazione digitale centrata su queste nuove tecnologie.