Mentre la modernizzazione delle biblioteche italiane è ancora al di là da venire – siamo nel gennaio del 1979 e si è solo cominciato a discutere a Roma, nel corso della Conferenza nazionale delle biblioteche italiane, sull’opportunità di realizzare un servizio bibliotecario nazionale[1]– il sindaco di un capoluogo di provincia –Latina – decide di costruire al centro della sua città una moderna biblioteca pubblica rivolgendosi per il progetto ad uno dei più importanti e influenti architetti del XX secolo: James Stirling[2]. Il sindaco Antonio Corona[3], consigliato da un suo collaboratore appassionato studente di architettura, lo sceglie con convinzione, anche perché persuaso dalle performance in ambito culturale dell’architetto: il progetto della Biblioteca di storia dell’Università di Cambridge, ma anche i grandi musei tedeschi di Düsseldorf, Colonia, Stoccarda.
L’idea di Corona è puntare– come si direbbe oggi – su un archistar e su un progetto urbanistico-culturale di livello internazionale per risvegliare la città e spingerla verso la modernità. E non c’è dubbio che Latina ne abbia bisogno. Sul finire degli anni ’70 è una città socialmente e culturalmente depressa, alla continua ricerca di una sua identità, e in questo senso anche penalizzata dalla troppa vicinanza a Roma. Il sindaco fa notare che mancano opere pubbliche importanti, edifici significativi, monumenti, e quel poco che c’è risale al periodo della fondazione, cioè a soli cinquant’anni addietro. E nella seduta del Consiglio comunale del 9 ottobre 1979, presenta la “proposta per la ristrutturazione della zona ex Ospedale civile per una nuova Biblioteca Comunale”, e spiega all’assemblea che “la scelta di James Stirling quale progettista della ristrutturazione dell’isolato del vecchio ospedale e della nuova Biblioteca comunale è dettata non soltanto perché si tratta di una grandissima personalità a livello mondiale…ma soprattutto per la qualità delle sue opere…che mostrano una grande capacità di interpretare l’attuale aspirazione ad un ambiente nuovo e per un nuovo modo di vivere…[4]”. La scommessa è che la creazione di un “sistema – biblioteca” d’eccellenza, una sorta di polo culturale attrattore per la città, possa dare il via sia a una riqualificazione urbanistica che a una rinascita identitaria beneficio di tutta la comunità.
Stirling capisce subito che nella realizzazione del progetto, oltre a esigenze funzionali, sono in ballo anche bisogni simbolici. E queste necessità ben si sposano con il suo tipo di architettura sempre al passo con le innovazioni tecnologiche, ma anche molto attenta a interpretare i “contesti” con linguaggio “neoclassico”. In un intervista rilasciata in quegli anni alla rivista di architettura Domus, Stirling afferma:“…nelle città è essenziale avere dei punti di riferimento – una città senza monumenti sarebbe nessun luogo – per me il monumentalismo non ha nulla a che vedere con le dimensioni o lo stile, ma dipende interamente dalla presenza – così una sedia può essere monumentale, io ne ho molte[5]”. Insomma: simbolismo e funzionalismo possono coesistere, andare a braccetto.
Si fa così strada l’idea che la nuova biblioteca pubblica debba avere caratteristiche “monumentali”. La soluzione di riqualificare le città con edifici simbolici e monumentali è una strategia antica e la sua realizzazione comporta – se si desiderano risultati coronati dal successo – interventi di architettura di qualità. Scelta particolarmente opportuna nel caso di Latina: città giovane, priva di un tessuto storico e con pochi luoghi simbolici. Si tratterebbe, in un certo senso, del tentativo di riannodare un filo spezzato con il giovane passato architettonico della città razionalista degli anni ’30 e ’40. La nuova Biblioteca pubblica “monumentale” ubicata nel cuore della città diventerebbe un nuovo punto di riferimento in grado di segnare una sorta di continuità con i riferimenti culturali del passato.
Sempre il 9 ottobre 1979, il Consiglio comunale approva la delibera per l’avvio del progetto. E’ individuato il sito dove sarà costruita la Biblioteca: è un lotto triangolare adiacente alla centralissima Piazza del Popolo. Ma già a partire dalla discussione in aula del 9 ottobre, si fanno vivi gli oppositori. Le critiche politiche sono subito indirizzate alle caratteristiche del progetto accusato di megalomania e mentalità faraonica. Il sindaco ribatte di voler realizzare strutture per rendere Latina più vivibile e nello stesso tempo di voler attuare iniziative culturali importanti che possano dare una nuova dimensione alla città e non solo a livello nazionale ma anche a livello europeo. Non solo. Il progetto è anche preso di mira dai professionisti locali. È contestata la scelta di operare nel centro storico per episodi isolati senza un vero e proprio piano urbanistico. Ma, è subito evidente la pretestuosità dell’attacco. In realtà, si tratta di forte insofferenza rispetto alla chiamata di un famoso architetto internazionale, scelta giudicata tutta a discapito delle professionalità locali.
Tuttavia, dopo una partenza a razzo del progetto, arriva il primo – lungo – stop. Le carte rimangono tre anni nei cassetti dell’architetto Stirling. Cosa è successo? Due cose: il sindaco Corona non viene rieletto e la nuova amministrazione malgrado la delibera approvata, blocca tutto. Per fortuna nel 1983 la situazione si capovolge di nuovo: Corona si riprende lo scranno di sindaco e con lui subito riparte il progetto della nuova Biblioteca pubblica. Nel dicembre 1983 è stipulata la Convenzione tra il Comune di Latina e lo studio Stirling nella quale è stabilito che il progetto sia ultimato entro maggio 1984. Infatti, puntualmente, nel mese indicato, è presentato il progetto di massima mediante relazione tecnica, 13 tavole in scala 1:200 e un plastico in scala 1:500. Nello stesso tempo, gli oppositori tornano all’attacco: questa volta a mezzo stampa. Nelle cronache di Latina del Messaggero, l’amministrazione comunale è attaccata per non aver provveduto a un piano urbanistico per il centro in grado di “preparare” l’inserimento della nuova Biblioteca:”“…la nuova biblioteca va a collocarsi in un centro già intasato, sicché si deve evitare un nuovo affollamento, creando anzi soluzioni che riducano quello attuale…”[6], ma è anche attaccata per la sua politica di interventi culturali nel territorio ritenuta senza progettualità, “confusa”:“…l’edificio destinato alla Biblioteca si caratterizza all’interno per una serie di ambienti e servizi che ne fanno l’effettiva “casa della cultura” e che crea fin d’ora il problema di come diversificare l’uso della “Casa della cultura e Teatro comunale” che è in costruzione in Via Umberto I”[7].
Tuttavia, il sindaco tira dritto e vengono definite le modalità per il progetto esecutivo finalizzate all’appalto per la realizzazione dell’edificio. Lo studio Stirling comunica anche i calcoli, ricavati dagli standard internazionali dell’IFLA[8], che permettono di stabilire dimensioni e servizi della nuova Biblioteca. Punto di partenza è la stima della dello sviluppo della popolazione di Latina, fatta dall’amministrazione, corrispondente a circa 150 mila abitanti. Di conseguenza, in base al rapporto tra libri/abitanti di 1:1:, la Biblioteca avrà un patrimonio di circa 150 mila volumi. Mentre, rispetto ai posti per studio/lettura –sempre sulla base della raccomandazioni IFLA che per città superiori a 100 mila abitanti indicano almeno 28 metri e 3/4 posti ogni 1000 abitanti – i posti complessivi disponibili in tutte le sale della Biblioteca saranno circa 500/600.
Finalmente, nel maggio 1985, si tiene a Latina la cerimonia per la presentazione ufficiale della nuova Biblioteca pubblica. Il progetto definitivo è illustrato personalmente da Stirling che ne descrive tutti i particolari aiutandosi con un plastico in scala 1:200.È un occasione particolare, infatti dopo circa vent’anni dalla sua ultima biblioteca – quella dell’Università di Cambridge – Stirling torna a progettarne una e lo fa, mettendo insieme due temi architettonici a lui molto cari: quello della “loggia”, già utilizzato nella Biblioteca di Cambridge, e quello del “cilindro” ispirato dalla famosa Biblioteca Asplund di Stoccolma. Ne viene fuori una costruzione longitudinale porticata dal cui tetto a capanna fuoriescono due cilindri lapidei con grandi lucernai. Un edificio bello, rappresentativo, “monumentale”. Un edificio da inserire in un contesto. E nel caso di Latina, non si tratta di inserirlo nello spazio di un campus universitario inglese. Tutt’altro. Ma, si tratta di una sfida che non solo non spaventa Stirling, ma che lo stimola ulteriormente: “…una delle prime cose che un architetto deve fare è costruire edifici che siano legati con l’ambiente circostante[9]”.
Lo spazio a disposizione – il lotto triangolare al centro della città – è rivisitato da Stirling con l’obiettivo di una sua completa ridefinizione. Nell’area sono presenti tre vecchi edifici: un vecchio ospedale dismesso, una ex-autorimessa, e una piccola palazzina. Nella nuova sistemazione il lotto graviterà, ovviamente, sull’edificio biblioteca situato alla base del triangolo, il vecchio ospedale sarà demolito, mentre ex-autorimessa e la piccola palazzina saranno recuperate e trasformate, la prima in una galleria per mostre temporanee e il secondo in un piccolo museo di storia locale. Il tutto circondato e immerso in un giardino che costituirà, nel suo insieme, una piazza verde tra due vie di scorrimento molto trafficate e che rappresenterà uno dei punti focali della futura organizzazione urbana del centro città.
La forma architettonica della nuova Biblioteca pubblica, nel suo proporsi rispetto al contesto come una sorta di “Basilica della cultura”, include 5.5oo m2di superficie, 77 metri di estensione rettangolare, assicurando capacità per circa 200 mila volumi e accoglienza per almeno 500 utenti. Numeri importanti, valorizzati dalla un’ingegnosa strutturazione interna basata sulle cavità dei due enormi cilindri e su un’articolazione in tre piani più un piano interrato. La biblioteca circolante – ovvero il prestito e i cataloghi – è situata nel cilindro di sinistra: organizzata a pianta cruciforme con superfici delle pareti occupate da librerie. Al centro, una struttura particolare a forma di ziggurat a due livelli con altre librerie e posti di lettura. Nel cilindro di destra è invece collocata la biblioteca di consultazione: un ampio spazio con circa 165 postazioni per lettura e studio. In posizione baricentrica rispetto ai due cilindri, così da dare agli utenti la possibilità di un facile accesso, è posta la sala audiovisivi con una dotazione di 6 fonoriproduttori, minischermi video e lettori per microfilm.
Al piano terreno è predisposto un servizio molto importante: la biblioteca per i ragazzi dai 6 ai 14 anni. Una proposta didattico-culturale che potenzia l’offerta – già importante – della Biblioteca pubblica. Si struttura in un ampia sala adibita per l’insegnamento e per la lettura con tavoli bassi e tondi dove potranno trovare posto circa 85 piccoli utenti. Sono previste anche 6 cabine attrezzate per esercizi e giochi per abituare i giovani all’utilizzo dei computer.
E’ un aspetto, quest’ultimo, che merita una riflessione. In un progetto di biblioteca pubblica vecchio ormai di quarant’anni, è possibile cogliere un’attenzione davvero lungimirante per delle tecnologie, come quelle informatiche, ancora, a quei tempi, agli albori. È degno d’attenzione il fatto che Stirling consideri l’informatica non come semplice orpello per dare appeal al progetto, ma come infrastruttura sostanziale rispetto al funzionamento presente e futuro del sistema biblioteca: non solo è previsto che in vari punti della struttura saranno ubicati terminali collegati a un calcolatore centrale per consentire l’identificazione e la localizzazione rapida di qualsiasi libro, ma è anche previsto che la rete locale della biblioteca possa essere collegata a una futura rete nazionale (in pratica, l’anticipazione di SBN!) con l’obiettivo di potenziare ulteriormente i servizi informativi offerti.
Tuttavia, malgrado il progetto esecutivo già pronto e pagato, e nonostante la conclusione delle procedure amministrative con l’ottenimento di tutte le autorizzazioni necessarie compreso il parere favorevole della Regione Lazio, le forze che si oppongo al progetto non demordono. E mentre anche l’autorevole rivista di architettura Casabella dà ulteriore visibilità al progetto dedicandogli un approfondito articolo intitolato “Progetto per un biblioteca pubblica a Latina”, nel quale conclude che: “…ripercorrendo la storia dell’architettura e soprattutto la sua architettura, Stirling riesce così, ancora una volta, a consegnarci un’opera che ha il coraggio di raccontare ciò che rappresenta, restituendo all’architettura un ruolo e una complessità…[10]”, incredibilmente, la situazione precipita di nuovo.
Tra le prime avvisaglie che il vento sta cambiando, c’è il riproporsi della questione dell’ex-autorimessa. Nella ridefinizione del lotto voluta da Stirling, il vecchio garage è destinato a diventare la nuova galleria per le mostre temporanee. Tutto questo grazie all’esproprio dell’immobile e al suo cambio di destinazione d’uso. Le procedure sono portate a termine secondo le regole, compreso il parere favorevole della commissione urbanistica. Tuttavia, i vecchi proprietari dell’immobile continuano a opporsi, e cosa preoccupante, la loro azione trova sponde politiche all’interno del Consiglio comunale.
Ma, l’evento determinante è rappresentato dalle elezioni del giugno 1985[11]. La consultazione elettorale decreta ancora una volta la vittoria del partito del Sindaco Corona già da tempo al governo della città: la Democrazia Cristiana. Tuttavia, inaspettatamente, si forma una coalizione interna allo stesso partito, contraria a rinnovare il mandato al sindaco in carica. Si tratta di un vero e proprio “ribaltone”. È un’amara sorpresa, ma come spiega una cronista politica sul Giornale Pontino del 19 giugno 1985, una sorpresa fino a un certo punto:“…siamo in presenza di una chiara manovra di potere condotta con incredibile disinvoltura da gruppi che senza tener conto dei risultati e della qualità di lavoro svolta dal partito e Latina, si uniscono oggi solo in funzione della difesa di interessi personali e di corrente, contro una linea di rigore e di crescita della città.[12]”
Con il nuovo sindaco[13], date tali premesse, non vengono deluse le peggiori aspettative, e di conseguenza sono annullati gli impegni culturali, sociali, economici e di riqualificazione urbanistica presi dal precedente primo cittadino. Il progetto della nuova biblioteca pubblica diventa un faldone da relegare – per sempre – negli archivi comunali. La rimozione è attuata con due mosse esiziali: prima escludendo il progetto della nuova biblioteca dalle previsioni di bilancio, poi intervenendo in maniera definitiva– “tombale” -dal punto di vista urbanistico, vale a dire cambiando la destinazione del lotto triangolare. Da quel momento, lo spicchio di città da cui – secondo la visione del sindaco Corona – sarebbe dovuta partire una rinascita culturale e identitaria della comunità, rimane in un limbo: sospeso. Ma, non per molto, nel 1988 arriva la decisione definitiva dell’amministrazione comunale sulla sua “riqualificazione”: area adibita a parcheggio di auto e pullman. Un’occasione di riscatto culturale incredibilmente sprecata che – beffardamente – il triangolo d’asfalto intasato di veicoli è ancora lì a ricordare.
[1]La Conferenza nazionale delle biblioteche italiane si tiene dal 22 al 24 gennaio 1979 a Roma.
[2]Sir James Stirling (Glasgow 1926 – Londra 1992) è stato un architetto britannico.
[3]Antonio Corona, appartenente alla Democrazia Cristiana, sindaco della città di Latina dal 1972 al 1980 e dal 1983 al 1985.
[4]Estratti dal verbale, da: Claudio Greco (a cura), Biblioteca pubblica e giardini a Latina di James Stirling, Officina Edizioni, 1989, p. 113
[5]Alessandro Mendini, Colloquio con James Stirling, “Domus”, n. 651 (1984) p. 1-15
[6]Il Messaggero, 24 maggio 1984
[7] Il Messaggero, 24 maggio 1984
[8]https://www.ifla.org/publications/ifla-publications-series
[9]Alessandro Mendini, Colloquio con James Stirling, “Domus”, n. 651 (1984) p. 1-15
[10]Mirko Zardini, Progetto per una biblioteca pubblica a Latina, “Casabella Rivista internazionale di architettura”, n.507 (1984), p. 4-13
[11]https://it.wikipedia.org/wiki/Elezioni_amministrative_italiane_del_1985#Latina
[12]Rita Calicchia, Il Giornale Pontino, 19 giugno 1985.
[13]Delio Redi, appartenente alla Democrazia Cristiana, sindaco di Latina dal 1985 al 1992.
Fabio Di Giammarco
Pubblicato su “Biblioteche oggi” luglio-agosto 2021