Tricia Wang – cofondatrice di Sudden Compass – ha raccontato – nel corso di una conferenza Ted Talk – una storia particolarmente interessante, cioè di quando la Nokia non riuscì a interpretare i Big Data di cui disponeva. Parliamo dell’inizio del business degli smartphone, più o meno dopo la comparsa dei primi IPhone. Il problema in quel momento era il mercato cinese. Tricia Wang effettuando indagini immersive in loco per conto della Nokia, aveva registrato un cambiamento in corso negli orientamenti dei consumatori cinesi. In particolare, aveva scoperto quanto i cinesi a basso reddito fossero attratti dalle pubblicità IPhone, ma soprattutto – dopo la comparsa di versioni cinesi meno care degli IPhone dette “shanzhai” – quanto fossero rimasti catturati dalle promesse, indotte sempre dalle pubblicità IPhone, di una nuova vita “high-tech”, e di quanto ciò gli avesse resi pronti a tutto pur di avere uno smartphone.
Alle rivelazioni di Tricia Wang, la Nokia rispose picche. La multinazionale finlandese – basandosi sui propri Big Data – era convinta che il prodotto smartphone non si sarebbero venduto. Inoltre, considerava i dati della Wang – ottenuti mediante semplici “chiacchierate” con un certo numero di giovani cinesi – un pattern davvero debole, da non prendere sul serio. Dalla sua, Tricia Wang rispose alla Nokia facendo notare: “che era ovvio il fatto che non vedessero il nuovo business, in quanto i loro sondaggi erano fatti pensando che la gente non sapesse cosa fosse un smartphone, e quindi ricevevano dati su persone che non potevano desiderare uno smartphone nei prossimi anni. In pratica si trattava di una metodologia per rinnovare un modello di business già esistente, mentre la sua ricerca stava analizzato dinamiche emergenti proiettate verso un modello di business del futuro…” E sappiamo tutti come questa vicenda è andata a finire: quel vecchio modello di business è precipitato e la Nokia in pratica è scomparsa.
Alla fine di questa storia, una domanda sorge spontanea: perché una grande società come la Nokia con un enorme quantità di dati a disposizione prende una decisione completamente sbagliata? Forse per lo stesso motivo per cui più del 70% di progetti basati su i Big Data risultano alla fine non redditizi, in altre parole fallimentari. E perché accade questo? Non sarà forse – come si chiede Tricia Wang alla fine della conferenza – che disporre di una gran mole di dati è inutile se non si è in grado di interpretarli in modo adeguato?
Nel libro “La quarta rivoluzione” il filosofo dell’informazione Luciano Floridi affronta la questione della conoscenza per quel che riguarda i Big Data, spiegando che può essere affrontata non dal punto di vista tecnologico, cioè immaginando semplicemente una super tecnologia per gestirli efficacemente, ma piuttosto dal punto di vista epistemologico. Infatti, la chiave per tirar fuori informazioni innovative e soprattutto dotate di senso dai Big Data è applicare a essi la potenza intellettiva e non quella computazionale, vale a dire essere capaci di individuare negli immensi database oggi disponibili (nei domini della genetica, medicina, fisica sperimentali e nell’universo dei social media) nuovi pattern (modelli) dotati di valore aggiunto. In conclusione, se i Big Data sono destinati e crescere in continuazione, l’unico modo per gestirli, secondo Floridi, è sapere chi siamo e soprattutto sapere cosa stiamo cercando.
Rispetto alle domande poste da Tricia Wang e alle questioni aperte dal filosofo Luciano Floridi, risulta lampante l’indispensabilità di immaginare nuovi modelli di analisi capaci di generare quel “valore aggiunto” identificabile con il “perché” quale completamento (arricchimento) dei tanti “chi”, “come”, “dove”, “quando”… frutto delle standardizzate analisi massive sui Big Data. In questo senso, è un po’ che si parla di Thick Data nel senso della possibilità di mettere a punto modelli basati su dati non più quantitativi ( e quindi Big), ma qualitativi.
Sono Thick Data tutti quei dati ottenuti in modo immersivo e/o etnografico volti a rivelare contesti culturali, sociali ed emotivi relativi a gruppi di studio più o meno ristretti. Un esempio è quello appunto delle interviste ai giovani cinesi realizzate da Tricia Wang, oppure il caso studio di “Placa del Sol” a Barcellona, dove, per combattere l’inquinamento acustico della famosa piazza, è stato per la prima volta datizzato un preciso contesto attraverso il monitoraggio del rumore percepito all’interno delle abitazioni affacciate sulla piazza, in modo da confrontare i nuovi dati così ottenuti con le tabelle ufficiali delle autorità comunali.
In definitiva, i Thick Data possono sembrare l’opposto dei Big Data, in quanto dati qualitativi di contesto rispetto al diluvio di dati quantitativi. Ma, in realtà possono rappresentare illuminanti dimostrazioni di “piccoli pattern” in grado di colmare e aggiustare le tante lacune delle analisi massive dei Big data. Piccoli esempi di come il potere intellettivo applicato alla datizzazione di specifici contesti può portare a livelli di comprensione che spesso rimangono dalla portata dei processi algoritmici.