Nell’articolo sul “Social reading e nuova mediazione” di Simona Paolantoni, pubblicato su AIB studi (gennaio/aprile 2021), l’autrice si chiede, o meglio chiede, rivolgendosi al mondo delle piattaforme social reading, come dovrà essere la Biblioteca del futuro. È una domanda che dalla rivoluzione digitale in poi, cioè nel corso degli ultimi decenni, è stata posta un’infinità di volte con esiti quasi sempre approssimativi.
Tuttavia, è una domanda che ha una sua legittimità, visto che la Biblioteca, come tutte le istituzioni (culturali), è destinata inevitabilmente a cambiare nel tempo. E negli ultimi anni con l’accelerare della rivoluzione digitale i cambiamenti sono diventati sempre più incalzanti, veloci e pervasivi.
Prima di proiettarsi sulla Biblioteca nel futuro, l’articolo citato, a partire dall’attuale orizzonte multimediale, afferma in modo lapidario: la cultura è cambiata, o meglio si è trasformata in una cosa diversa rispetto al modello dominante: in un servizio. Infatti, non viene più percepita, come in passato, come un patrimonio fisico-intellettuale da possedere e tramandare, ma come un’opzione virtuale da utilizzare al bisogno. Tutto ciò sarebbe la conseguenza del fatto che la Rete e il web hanno eroso e trasformato il vecchio concetto di sapere, cioè quello elitario basato sulla distinzione tra cultura alta e cultura bassa. Da qui una nuova cultura non più verticale, ma orizzontale basata su un ecosistema digitale inclusivo entro il quale tutti – lettori, produttori di contenuti, mediatori, utenti – si possono muovere e partecipare – senza più alcuna gerarchia – impersonando ora un ruolo ora un altro.
In pratica, assistiamo al trionfo della pura disintermediazione. Ma, è proprio così? La Rete, è vero, ha sicuramente ridotto a mal partito i corpi intermedi – tra cui le nostre vecchie biblioteche – tuttavia, il vuoto creatosi è già in fase di riempimento: sono, infatti, in arrivo nuove forme di mediazione. Nel caso delle biblioteche, dalla nuova cultura “orizzontale” sta emergendo il fenomeno degli influencer, o meglio, nel nostro caso, i book-influencer.
Si tratta di un tipo di mediazione accettata dal popolo social perché sostanzialmente paritaria. Niente a che fare con il vecchio rapporto elitario dall’alto al basso. Il segreto del book-influencer è quello di essere visti dai lettori-utenti, a differenza del severo bibliotecario tradizionale, come una specie di coetanei con il quale condividere gusti e aspettative. Sembra il concretizzarsi delle grandi utopie della Rete: inclusione, libertà e parità. Peccato che poi si debba constatare che la disintermediazione ha anche un’altra faccia, cioè quella di una Rete ormai controllata da un’altra categoria di “nuovi mediatori”, assai più potenti dei pur volenterosi influencer: gli invisibili algoritmi, dal funzionamento tutt’ora piuttosto oscuro.
In ogni caso, rimane l’interesse per la domanda cruciale posta al popolo delle piattaforme: come sarà (come dovrà essere) la Biblioteca del futuro? Gli utenti della piattaforma di social reading di maggior successo – Wattpad – non hanno dubbi: la Biblioteca del futuro dovrà essere proprio come Wattpad, vale a dire una spazio virtuale dove tutti potranno leggere infinite storie. Storie che per il fatto di essere scritte “da ragazzi per ragazzi” avranno il “bollino” della cultura orizzontale, cioè si collocheranno “fuori dal canone”, nel senso che gli autori-lettori potranno godere di una tale libertà che permetterà loro di esprimere in pieno tutta la loro creatività.
Un aspetto curioso dell’indagine è che l’idea più precisa su come dovrà essere la biblioteca del futuro sia venuta proprio da coloro che non sono mai entrati in una vera biblioteca. Facendo ricorso a tutto l’immaginario fantasy disponibile, la loro descrizione della biblioteca del futuro non ha fatto altro che utilizzare immagini di biblioteca derivanti dalla letteratura e dal cinema a cominciare dalla saga di Harry Potter. Un po’ poco per iniziare una proficua collaborazione tra un’istituzione culturale tradizionalmente strutturata come la biblioteca e le nuove istanze comunitarie e identitarie provenienti dalle nuove “culture orizzontali”.
Comunque, l’indagine nell’universo del social reading sul futuro della Biblioteca a delle conclusioni finali giunge: i giovani suggeriscono di rendere le biblioteche più “social”. In primo luogo attraverso una maggiore interazione sul web. E poi chiedono una svolta sui servizi digitali: a cominciare dall’implementazione di apps per i servizi del prestito. Infine, sperano in biblioteche che si trasformino sempre più in “centri culturali” con l’inserimento di nuovi spazi per altre forme di cultura come, ad esempio, musica e teatro. Forse è un po’ poco per cominciare a progettare la Biblioteca del futuro…ma questo, al momento, è.